Il "passivo di danni" del giapponese e i costrutti col dativo dell'italiano
Shinji YAMAMOTO
Quel tipo di (pseudo-) passivo della lingua giapponese, comunemente chiamato "di danni" in quanto implica che il soggetto soffra delle conseguenze non positive addotte dall'evento espresso, somiglia spesso nel signifcato, insieme alle sue sfumature, ad un certo tipo di costrutto italiano col pronome dativo che rapparesenta il soggetto che subisce l'evento che gli si percuote, dando così una struttura semantica ([SOGGETTO gli] [PREDICATO è morto il padre]) che accomuna questo tipo di frase al suddetto "passivo di danni" giapponese.
Questa struttura sarebbe riconoscibile anche in alcuni altri tipi di costrutti, esprimenti p. es. deprivazione (mi hanno rubato la borsa), proibizione (mi hanno vietato la partecipazione alla riunione), ecc., che di solito vengono trattati separatamente e non in una prospettiva unitaria.
Anche le espressioni verbali che prendono come l'oggetto una parte del corpo, che si realizzano spesso nel riflessivo (egli si lava le mani), hanno una struttura simile, sempre col pronome dativo rappresentante il soggetto che subisce il processo espresso dal predicato, il che spiega come le azioni che vengono dall'interno, benché suppongano come l'oggetto una parte del corpo (egli alza una mano), siano espresse senza ricorrere al dativo, visto che in esse il soggetto non subisce le azioni addotte dall'esterno.